
Il teatro in video è Teatro?
La valenza educativa dello spettacolo dal vivo e l’errore di confonderlo con l’intrattenimento televisivo
Per lungo tempo mi sono interrogata e documentata sull’argomento. Ad un anno dalla chiusura dei teatri trovo doveroso porre l’attenzione su un questito molto complesso: il teatro in video è teatro?
Premesso che per spettacolo teatrale s’intende qualsiasi forma di spettacolo che al teatro è legata per sua natura (teatro di prosa, lirica, balletto, musical, concerti etc.), sono giunta alla conclusione che
trasmettere uno spettacolo teatrale in TV non è teatro,
registrare con qualsiasi mezzo uno spettacolo teatrale e inserirlo in piattaforme digitali non è teatro, creare una Netflix della cultura da vedere tramite un pc o tv non è teatro, fare video di spettacoli teatrali e pubblicarli sui social non è teatro. Digitalizzare lo spettacolo dal vivo non è teatro.
E chiunque vi dica il contrario, che “è il naturale sviluppo”, “è una modernizzazione”, “è un’alternativa valida”, permettetemi, ma di teatro non sa nulla.
Il teatro è, per sua stessa nascita e natura, uno spettacolo dal vivo, in presa diretta ed in presenza diretta. E’ un insieme di persone riunite in uno stesso luogo e nello stesso momento, in cui non esiste nessun filtro tra chi lo propone e chi lo guarda.
Il teatro si vive, non è solo il luogo fisico in cui si svolge una determinata rappresentazione, ma è l’insieme della condivisione e della compartecipazione tra teatrante e pubblico. E’ fisico, spirituale, emotivo, creativo e mentale. È un flusso di sinergie dirette.
Non facciamoci imbrogliare dall’idea che tutto deve avere un divenire diverso, meccanico, digitale, modernizzato e fantascientifico. Va bene (forse e probabilmente) per altre realtà ma non per il teatro.
Tutti i mezzi tecnologici che abbiamo sfruttato per cercare di continuare a mantenere vivo e attivo il lavoro del teatro sono stati ottimi palliativi, ma devono presupporre una durata limitata nel tempo o relegata a determinati singoli progetti, non può essere la realtà del teatro, non può essere la sua nuova natura perché il teatro di natura ne ha una sola ed è quella dell’atto presente, valevole solo nel momento in cui viene rappresentato e goduto dal pubblico. Il teatro ha valore educativo, formativo e catartico soltanto in quel preciso istante in cui viene rappresentato dal vivo con il coinvolgimento attivo del pubblico.
Gli artisti per natura sono abituati a reinventarsi e a sfruttare ogni situazione di impedimento e ogni ostacolo come trampolino di lancio verso nuove prospettive, lo hanno fatto dalla loro nascita per secoli.
Fino al momento attuale non ci siamo sottratti a quella natura e infatti abbiamo giocato a travestirci da artisti tecnologici, perché è quello che normalmente fa un teatrante: interpreta, gioca e crea un altro da sé, sia esso simile o totalmente diverso.
La nostra stessa vita in quest’ultimo anno è stata uno spettacolo e noi stessi siamo stati attori e spettatori, abbiamo vissuto uno spettacolo nello spettacolo.
Chi non ci permette di lavorare oppure ci ha relegato ad una funzione di passatempo non indispensabile, non solo non ha la più pallida idea della valenza sociale, culturale e formativa che ha il teatro, ma non ha inventato niente, ci sta solo facendo vivere in una condizione di metateatro dalla quale vogliamo disperatamente uscire.
Chi lavora in teatro conosce questi meccanismi ed è riuscito a portare a proprio vantaggio situazioni disastrose, ma ora è il momento di porre un limite, di trovare soluzioni concrete e utili, di creare un precedente (soprattutto in territorio italiano) e di dare alla cultura del teatro la sua giusta collocazione nella formazione di base di ogni individuo.
Stacchiamo la spina, spegniamo gli schermi e apriamo i sipari. (In sicurezza, s’intende).
M. Massidda

La danza può diventare uno strumento educativo?
Fin dalla tenera età la danza è considerata un’arte ricca di valori.
Impegno, costanza, passione, ricerca del nuovo e del bello, lentezza, esercizio, cura dei dettagli, creatività sono tutte qualità che definiscono positivamente l’universo della danza.
La danza si rivela quindi come un ottimo strumento educativo ma anche pedagogico, mantenendo allo stesso tempo la propria dimensione di disciplina sportiva e artistica.
Oltre alla formazione specifica, lo studio della danza affianca silenziosamente le famiglie nella funzione educativa.
Il compito dell’insegnante di danza è anche quello di stimolare gli allievi verso la disciplina, il rispetto delle regole e l’autoeducazione.
Essere un ballerino significa confrontarsi quotidianamente con le proprie potenzialità ma anche con i propri limiti e la danza, in questo senso, si pone come guida alla scoperta di se stessi e conduce alla metabolizzazione della vittoria nonchè della sconfitta.
La danza, come le altre arti performative, presuppone un enorme lavoro su se stessi, sulla propria interiorità e elaborazione dei sentimenti. La condizione psicofisica del ballerino è ciò che più determinerà il suo successo nella danza, ma anche nella vita.
Il linguaggio della danza è il linguaggio del corpo, una pluralità di gesti che raccontano storie personali e al contempo universali, emozioni, attese e desideri.
Il linguaggio della danza è un linguaggio che dice senza definire, che coglie ma non afferra, che attende di essere decodificato ma non interpretato, semplicemente vissuto dal pubblico.
La danza spesso ha il ruolo rivelatore di verità che neanche il ballerino stesso conosce; è pura scoperta di se stessi e del mondo.
Come disse Maurice Béjart “la danza è una delle rare attività in cui l’uomo si trova totalmente impegnato: corpo, cuore e spirito”
A. Sassu

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